martedì 30 aprile 2013

Volete scrivere sul Bardo Doloroso?

Salute, cari concittadini!
Il Bardo Doloroso cerca abili scribacchini per gestire piccole rubriche concernenti vari argomenti: libri, fumetti, film, eventi relativi al mondo del fantastico e della fantascienza. Per venire incontro alla vostra pigrizia e ai vostri millantati impegni le succitate rubriche usciranno a vostra discrezione, cioè pubblicheremo il post quando è pronto, con i vostri ritmi, nella speranza che abbiate un po' di pudore e non facciate uscire una recensione due volte l'anno. Ovviamente il Bardo si trova in condizioni economiche che definire precarie è come chiamare petardo una bomba atomica, per cui potete già da subito scordarvi compensi di alcun genere. Vedetela così: potrete esprimere voi stessi e la vostra passione segreta come più vi aggrada, quando più vi aggrada e poter annunciare orgogliosi agli amici (che da quel momento in poi vi toglieranno il saluto) che anche voi scrivete sul Bardo Doloroso.

POSTATE LE VOSTRE CANDIDATURE NEI COMMENTI SOTTOSTANTI. SE AVETE DOMANDE FATELE PURE SENZA PROBLEMI, POSTARE QUA SOTTO NON SIGNIFICA FIRMARE UN PATTO CON IL DIAVOLO NE' IMPEGNARSI A SACRIFICARE IL VOSTRO PRIMOGENITO.


venerdì 26 aprile 2013

Circa l'Arrivo a Porta Dorata


Vieccoci qui, miei cavi! Sono Vomualdo, il vostvo pvincipe pvefevito! Elfo fino al midollo, tivo con l'avco, adovo la natuva e sono Vegan al 100%! Spevo che siate tutti in buona salute e in accovdo con la Dea! Come sempve accade quando ho il piaceve di scviveve (che pavola difficile) su questo blog siamo di nuovo giunti ad un epico capitolo di PM, colui che collabova con il Bavdo umano alla stesuva delle cvonache del Vegno! E allova via, vevso nuove avventuve, giacché già odo gente che bovbotta pevché tvova il mio pavticolave modo di pavlave oltvemodo ivvitante! Enjoy!

di PM

Il volto del Falco era illuminato da una fredda luce azzurra mentre Spirto, la Lama Vampira, risucchiava la magia dal corpo del mendicante. "Non c'era bisogno di ucciderlo" disse a bassa voce l'Orso alle sue spalle. Era chino sul corpo della Principessa, ancora profondamente addormentata. La Serpe si voltò lentamente, e con un movimento del polso scrollò il sangue dalla Lama. "Avrebbe approfittato di quella ragazza" rispose in un sussurro da dietro la maschera scarlatta. Alzando lo sguardo accigliato il gigante sbottò "Ci risiamo, Serpe... tu non sai quello che avrebbe fatto, sai solo quello che avrebbe voluto fare!" "E l'unica cosa che divide il desiderio dall’azione è la lama della spada" tagliò corto la ragazza, rinfoderando la Lama al fianco. L'Orso fece per ribattere ancora, ma uno sguardo del Nano lo zittì. “Smettetela, dobbiamo arrivare al castello prima che qualcuno veda la Principessa” li rimproverò secco. 
Li aveva portati nel punto sbagliato della Capitale, ed il Falco sapeva quanto il mezzuomo odiasse sbagliare. Ma le Vene della Terra non sono facili da seguire, e non avevano avuto abbastanza tempo per comprenderne il reticolo: sarebbero dovuti arrivare nelle segrete del Palazzo Reale, ed invece erano comparsi vicino a Piazza Storta.  
"Magari anche la giovane avrebbe apprezzato..." abbozzò il Falco sarcastico, cercando di riattizzare l’alterco, e uno stiletto andò immediatamente a piantarsi a una spanna dal suo orecchio. Istintivamente afferrò la lama con la sinistra e la rilanciò indietro alla Serpe, che la evitò con noncuranza. “Ho detto di smetterla!” tuonò il Nano. “Orso, aiutami con il mendicante..” ordinò, avvicinandosi al corpo. Il Falco si massaggio’ il braccio sinistro. Una fitta di dolore lo aveva attraversato nel momento in cui aveva scagliato lo stiletto, ma era già un ricordo. Adesso poteva sentire i muscoli gonfi sotto il cuoio del guanto pulsare non in agonia ma, al contrario, quasi in estasi. Spostò leggermente la manica del soprabito, ma la pelle del braccio era ancora di un colore malato. Alzò di scatto lo sguardo, e incrociò quello della Serpe. Rimasero un lungo attimo con gli occhi gli uni negli altri, e poi la Serpe gli sussurrò “Guarda” Dalla spessa porta di legno alle sue spalle spuntava solo l’elsa dello stiletto, il resto dell’arma era penetrato tanto in profondità da non essere più  visibile. Si guardo’ intorno, ma né il Nano né l’Orso sembravano essersi accorti della cosa, impegnati a nascondere il corpo del mendicante da qualche parte. Si avvicinò alla porta e con poca convinzione tentò di estrarre il pugnale, che non si mosse di un capello. Si voltò verso la Serpe, che lo osservava in silenzio, e abbasso’ di nuovo lo sguardo sul braccio sinistro. Un misto di paura ed eccitazione lo pervase.

Von Braun fissava la ragazza in armatura trattenendo il fiato. L’elmo le era volato via nella colluttazione, rivelando dei capelli biondissimi e una fronte imperlata di sudore. Nella destra impugnava una spada, ora puntata alla gola dell’Inquisitore, mentre con la sinistra inguantata teneva per il collo la creatura che le si era scagliata contro. Immobilizzato in quel lungo attimo, l’Inquisitore non sapeva più che fare. Aveva reagito all’impulso di proteggere la ragazza dal mostro cercando di frapporsi fra i due, ma adesso temeva di essere lui quello ad aver bisogno di aiuto. 
La creatura tendeva le braccia verso di lui, emettendo un gorgoglio strozzato, e solo la forza incrollabile della sua Fede gli impediva di fuggire per il terrore opprimente che quella cosa emanava. “Non... fate un altro passo” ringhiò a denti stretti la ragazza, senza guardarlo “se riuscisse a toccarvi... vi ruberebbe l’anima”. C'era qualcosa di strano nella sua voce, di metallico. Von Braun indietreggiò, respirando a fatica, ed estrasse il simbolo di Thorm da sotto la casacca, recitando mentalmente una preghiera. Dana piantò la spada nel terreno, e con la destra ora libera rinsaldò la presa sul mostro. "Come acciaio" sussurrò, guardandolo dritto in volto.

L'Alchimista passeggiava nel Quartiere della Torre, godendosi l'ultimo chiarore della giornata. Le braccia incrociate dietro la schiena, il passo lento e quasi incerto, aveva già superato il grande colonnato che circondava quella che era stata la Torre della Magia, e si dirigeva verso il Pozzo. Curvo sotto la gobba lievemente pronunciata, squadrava dal basso verso l'alto le rovine intorno a lui, l'occhio sinistro mezzo chiuso per la luce troppo forte. 
Amava tornare in quei luoghi. Gli ricordavano gli anni d'oro dell'alchimia, quando i grandi laboratori sotterranei fremevano di attività. Gli ricordavano anche che tutto cambia, proprio come la l’Unica Scienza insegna. Scelse con cura una colonna caduta sulla riva del piccolo lago che chiamavano il Pozzo dei Desideri e si sedette lentamente, ammirando il cielo terso della sera. Rovistò per un po' fra le vesti sgualcite ed estrasse una piccola fialetta di liquido nero come la notte, fece un sorriso sdentato e bevve d’un fiato.

Odetta camminava al fianco del nano rapitore, lungo uno degli stretti viottoli che dalla città bassa portavano verso Porta Dorata. Il mezzuomo procedeva guardingo per strade che lei a malapena conosceva, dimostrando una cognizione di quella parte della città che l’aveva stupita. Odetta aveva paura, ma non osava fare nulla perchè la principessa era ancora in balia del Badhi che gli altri tre chiamavano Orso, e se anche avesse deciso di scappare da sola, non pensava di riuscire a fare molta strada. Cosi, mentre risalivano verso la zona nobiliare della città, scrutava di sottecchi i suoi rapitori. Il nano che la sorvegliava non le aveva rivolto la parola da quando si era svegliata, nel vicolo vicino a Piazza Storta. 
Ripensando alla cosa, ancora non aveva capito come avevano fatto ad arrivare dalla Piana Lunga fino alla Capitale in meno di mezza giornata. Temeva di aver dormito molto più di quanto pensasse. Si voltò a guardare la donna che li seguiva: aveva cambiato la maschera, ora di lucido metallo, ma era sicuramente la stessa persona che l’aveva avvelenata nella Foresta. Anche se non poteva vederne il volto era sicura che anche adesso la stesse fissando. Con un brivido riprese a guardare dritta di fronte a se. 
Il gigante portava la Principessa ancora legata sulle spalle, e di fianco a lui camminava un giovane di bell'aspetto. Oltre le due figure si stagliava il grande cancello che segnava l’ingresso a Porta Dorata. Quando arrivarono alla fine del vicolo si fermarono. Davanti alla grande grata d’oro che dava il nome al quartiere una pattuglia della Guardia Cittadina bloccava loro la strada. Il Badhi si acquattò contro un muro, mentre il giovane si inginocchiava nell’ombra. Quando il nano fece per voltarsi e tornare indietro, Odetta si mise ad urlare con tutte le sue forze.

Prima di vederlo, lo sentì arrivare. Un fruscio, come di vecchi abiti strascicati sul pavimento, e lo scricchiolio di legno secco, alternato dal rumore di qualcosa di denso che gocciola incessantemente. L’Alchimista, gli occhi neri come la pece spalancati ma ciechi, parlo’ per primo. 
“L’hanno trovata?” 
La figura si stacco’ dalle ombre “Si, e sono già di ritorno, hanno viaggiato nelle Vene della Terra”. La voce, poco più di un sussurro nella brezza della sera, riecheggiava di mille sfumature insieme. 
“Dimmi, che cosa e’ successo?” chiese ancora l’Alchimista “Hanno incrociato il sentiero con l’Anima d’Acciaio, e hanno preferito evitare lo scontro” rispose la creatura, andando a sedersi di fianco al vecchio “Saggia scelta..” commentò lui, esibendo uno sdentato sorriso di soddisfazione. 
“Non è stato un caso” spiegò la figura ancora immersa nell’ombra “l’Anima d’Acciaio era li per un motivo. Era alla foresta per ordine del Gran Sacerdote”. 
L’Alchimista si voltò verso la voce “Cosa significa? Cosa c’entra l’Evocatore della Vita?” chiese “E’ stato ordinato all’Anima d’Acciaio di trovare qualcuno. Qualcuno che solo lei ha la forza di riportare indietro. L’Anima di Morte”. L’Alchimista si alzò di scatto “Se anche la Morte cammina libera... che cosa stanno tramando gli Evocatori...” rifletté a bassa voce, e a tentoni si avviò verso il Palazzo. 
“Un’ultima cosa” aggiunse la creatura scivolando da un’ombra all’altra “prima che l’Anima d’Acciaio lo trovasse, anche i quattro hanno avuto modo di conoscerlo. In particolare il Falco” concluse con una nota di scherno nella voce. L’Alchimista sbatté le palpebre un paio di volte, finché il colore tornò a essere quello di sempre, e si affrettò lungo il viottolo che portava fuori dal Quartiere della Torre. Doveva trovare il Falco il prima possibile.


"Ma no, non è mica oro vero. E' solo placcata. Mica siamo nani, qui..."

Sergente Terrence Kipple ad una recluta


La parte precedente la trovate QUI



sabato 20 aprile 2013

Un bagno non ha mai ucciso nessuno... finora.


Salve a tutti! Eccoci ad una nuova parte della storia dei nostri quattro eroi! Per facilitare la lettura, d'ora in avanti, abbiamo inserito un collegamento magico in fondo al post, per teletrasportarvi agevolmente al capitolo precedente, così non dovrete impazzire per trovare il bandolo della matassa tra diverse linee narrative. E ora godetevi l'arrivo dei quattro nel primo villaggio dell'Imperium! Riusciranno a non far saltare la copertura?


Il quartetto di figure incappucciate si addentra nella cittadina di Neronia, un oscuro e putrescente borghetto senza neppure una Comunità Montana o una sagra del fritto. Le guardie zannute ai cancelli non li fermano, né domandano loro perché siano incappucciati. Nel dominio di Mors Tua sono quelli senza cappuccio che tendono a sollevare più sospetti.
I quattro si guardano intorno furtivi, uno addirittura annusando gli angoli delle strade in cerca di un posto in cui passare la notte. Beh, la notte intesa come otto ore medie di riposo, ovviamente. Le terre oltre lo Spacco non vedono mai il sorgere dell'alba e l'espressione "dormire tutta la notte" è solo un'elegante perifrasi per dire "morire".
All'improvviso uno di loro indica davanti a sé, in lontananza.
- Eccola là. Una locanda, finalmente.
- Uff, era ora, maledizione - protesta una voce femminile - questi pastrani neri mi fanno sudare e rovinano la mia pelle vellutata.
- Sst. Fate silenzio, perbacco - mormora una voce sepolcrale - state attirando l'attenzione.
Orchi, goblin e diavolesse sexy passano loro accanto, salutandoli con ringhi e improperi. Loro rispondono salutando gentilmente, e quelli si allontanano guardandoli male e parlottando tra loro sulla maleducazione dei giovani d'oggi.
- Credo che il nostro travestimento manchi di credibilità - osserva DarkShield, grattandosi il mento - É difficile inserirsi in una comunità senza conoscerne le linee guida.
- Senti, mago - sbuffa Ferianthalas, mentre procedevano verso la locanda - non me ne frega un accidente di imparare la loro cultura. Quello che voglio adesso sono un bagno, un pasto e un letto. Esattamente in quest'ordine.
Bajyna sospira. - Per una volta sono d'accordo con l'imbecille.
Ferianthalas la fulmina con lo sguardo, ma essendo i suoi occhi nascosti dall'ombra del cappuccio l'elfa non può apprezzare tutto il carico di disprezzo in essi contenuto. - Senti un po', oca giuliva - ringhia - la prossima volta che sarai appesa ad un ponte che crolla con un guerriero in biancheria ferrosa attaccato alla caviglia ripenserai a questo momento e maledirai la tua scortesia.
- Guarda che non è mica una cosa che mi capita tutti i giorni - borbotta lei. Poi all'improvviso si zittisce e si volta insieme agli altri ad osservare, sgomenta, il comportamento di Mohamet.
Il giovane druido si è accoccolato in un vicolo sudicio accanto alla locanda e sta sbadigliando sonoramente.
- Che diavolo fai? - domanda Ferianthalas.
Lui fa spallucce. - Io trovato buon posto. Io ora dorme.
- Ma... entra almeno nella locanda, prima - tentenna Bajyna con un sorriso sghembo - non vuoi mangiare qualcosa?
Lui scuote la testa, con l'aria di uno che la sa lunga. Da quando ha salvato la situazione con la trovata del capodoglio si pavoneggia come una specie di eroe e non fa altro che guardare gli altri con un sorrisetto furbo (nella sua immaginazione lo è) stampato sul grugno.
- Io non trova a mio agio in spazi chiusi. Locande puzzano.
- Senti da che pulpito, poi... - borbotta DarkShield, arricciando il naso.
- Io sentito buon odore di ratti in questo vicolo. Prima riposo, poi prendo cena.
- Ehm... capisco, ma - insiste Bajyna - non vorresti fare un bel bagno caldo?
Per tutta risposta Mohamet si gratta la pancia e sbadiglia, accompagnando il gesto con un'aria in re minore per intestino e orchestra.
Bajyna fa una smorfia. - Scusa se te l'ho chiesto... 
Sospirando, Ferianthalas apre la porta su cui campeggia la rassicurante scritta "La Fossa del Muerto" ed entra, venendo investito quasi immediatamente da una zaffata del lezzo tipico delle taverne dell'Imperium: arrosto di manzo e ascelle d'orco, con una punta di sangue rappreso e metallo arrugginito.
Come ci si aspetterebbe da un posto simile, gli avventori smettono immediatamente di fare ciò che stanno facendo e concentrano dozzine di occhi ostili sui nuovi arrivati. E il fatto che gli avventori siano solo quattro la dice lunga sulla tipologia di clienti abituali della locanda.
Dietro al banco una specie di grosso polpo monoculare li guarda con l'annoiata curiosità che solo una creatura tutta cervello può manifestare.
Ferianthalas abbassa il cappuccio e scruta ciascuno con palese disprezzo.
- Allora, stupidi bifolchi, che avete da guardare? - ringhia - Volete che vi faccia sputare sangue a cazzotti?
Una volta appurato che si tratta di persone per bene, il chiacchiericcio ricomincia e l'oste riprende a lucidare ossessivamente il boccale che stringe nel tentacolo, fissandoli torvo.
I tre si avvicinano al banco e lasciano passare avanti Ferianthalas. In fondo lui è l'unico a provenire da un popolo dichiaratamente malvagio, perciò è il più indicato per intrattenere relazioni sociali con gli autoctoni.
L'elfo nero sospira, depresso, poi fissa l'oste dritto nell'occhio e arriccia il labbro con sdegno.
- Di' un po', insalata di mare. Ce l'avete due stanze, in questa disgustosa topaia?
L'oste appoggia due tentacoli rosa sul bancone e fissa Ferianthalas con odio bieco, per ricambiare la cortesia. - Per gentaglia come voi ho una fetida suite al secondo piano. È sporca, spoglia e se cercate bene potreste trovarci anche qualche scarafaggio.
- Sei pazzo? - ringhia Ferianthalas, sputando a terra pericolosamente vicino ai piedi di Bajyna. L'elfa si ritrae, trattenendo un urletto acuto che la identificherebbe facilmente come una rappresentante del suo popolo snob e intellettuale - Mi hai scambiato per un riccone? - continua l'elfo scuro - Cala il prezzo, ci bastano due camere pulite.
- State messi male, eh? Addirittura pulite?
- Che vuoi che ti dica? C'è crisi.
- Perché per poco di più ne ho un paio bellissime con vista sul canale di scolo dietro l'edificio.
- Grazie, ma rinunceremo ai comfort - borbotta Ferianthalas, spazientito - Dacci le più pulite che hai.
- Come preferisci, straniero. - sospira il polpo, schifato - Ma poi non venire a lamentarti da me perché non sei riuscito a chiudere occhio. Rowena! - chiama.
Una succube ancheggiante vestita con un abito scandalosamente corto si avvicina al bancone, lanciando occhiate ammiccanti all'elfo scuro.
- Dimmi, Glog - ansima. Non è particolarmente stanca o affaticata, semplicemente ansimare è il modo migliore con cui le succubi amano esprimersi.
Ferianthas deglutisce e segue l'incedere della demonessa con la mandibola penzoloni. Accorgendosi della cosa, Bajyna gli molla un violento pestone sul piede, costringendo l'elfo nero a venire meno agli obblighi della sua razza, che impongono a ciascun membro di non nominare altre divinità al di fuori della Dea
Ragno. Nel bene e nel male.
- Rowena, porta questi poveracci alle stanze per i pezzenti. E buttagli dentro anche un paio di ratti. Offre la casa.
- Ehm... grazie. - tossicchia DarkShield - gentilissimo.
- In totale fanno dieci pezzi di rame. Pagamento anticipato, ovviamente.
- Ovviamente. - bofonchia l'elfo, frugando nei pantaloni di pelle nera. - Un'altra cosa che non capisco è perché nella maledetta fantasy non possiamo avere una moneta decente. Che so... fiorini, corone, talenti, reali, dracme. No. Pezzi di rame, d'argento e d'oro, manco fossimo degli imbecilli integrali. - Tira fuori una manciata di monete e le getta sdegnosamente sul bancone. - tieni il resto - dice in tono arrogante e cool.
Il polpo abbassa l'occhio e si acciglia. Non chiedetemi come possa un polpo accigliarsi perché le cose nel dettaglio non le so.
- Veramente mancano due pezzi...
- Ah. Ah, sì? Err... ragazzi, non è che per caso voi... perché io non ho più... - dice Ferianthalas ai suoi compagni, rivoltandosi le tasche, in imbarazzo.
- Smettila di rovinare l'habitat naturale delle tue tarme - sussurra Bajyna, acida - ci penso io.
L'elfa poggia sul tavolo una moneta d'argento, sorridendo sotto il cappuccio.
- Adesso può tenere il resto.
Il chiacchiericcio nella sala s'interrompe di nuovo
Il polpo stringe l'occhio, sospettoso, poi allunga un tentacolo e fa sparire la moneta. Ferianthalas si irrigidisce e sospira, sollevando gli occhi al cielo.
- Puoi tenere il denaro, oste, ma abbiamo cambiato idea. Prenderemo una stanza sola.
Bajyna si volta, sorpresa. - Cosa? E io dovrei dormire nella stessa camera con te? Sei fuori, io non...
Ferianthalas le afferra il lembo superiore del cappuccio e strattona verso il basso, in modo da coprirle interamente il volto e soffocare le sue proteste.
- Scusala, oste. Questa femmina non sa mai quando tenere la bocca chiusa.
- Sì, comprendo. - annuisce il polpo Golg - Anche Rowena... in un certo senso.
- Oh, e ci serve anche dall'acqua calda - aggiunge DarkShield, tetro - Il viaggio e la compagnia di quel druido devono avermi procurato dei parassiti. Mi sento camminare dappertutto... disgustoso...
- Acqua calda per cosa, esattamente? Un té? - chiede l'oste.
- No, per lavarsi. - dice Bajyna, riguadagnando l'uscita dal cappuccio e scoccando un'occhiataccia all'elfo nero.
- Lavarsi? Ma per quello c'è il canale di scolo qua dietro. Se proprio se ne sente la necessità.
- Eh? Ma non si potrebbe avere una tinozza con acqua calda? - protesta Bajyna.
- Lascia stare Golg - ansima Rowena, avvolgendo la gamba di Ferianthalas con la coda - non puoi capire le esigenze di una donna. Ti preparerò io il bagno, non temere.
Con un certo sollievo i tre seguono la succube al piano di sopra, in una stanza spoglia e depositano lì i loro bagagli.
- Scendo a preparare il bagno, signori. Vi farò sapere quando sarà pronto. - poi passa davanti all'elfo nero e gli carezza le linea del mento con un dito affusolato. - Per noi preparo la tinozza matrimoniale, bellezza.
Bajyna attende che la demonessa sia uscita, poi lancia un'occhiata in tralice a Ferianthalas.
- Adesso puoi smettere di sorridere come un ebete, razza di imbecille.
Lui ricambia lo sguardo, malizioso. - Che c'è, sei gelosa?
Lei gli perfora un polmone con un dito svariate volte, per essere sicura che recepisca. - Io? Gelosa? Di te? Nei tuoi sogni, forse.
- Intanto io ho fatto colpo su una femmina bella da morire. - gongola l'elfo.
- Mai simile scelta di parole è stata più indicata, orecchie a punta - osserva distrattamente DarkShield, mentre controlla con aria schifata le condizioni del materasso.
- Che vuoi dire? - si acciglia l'altro.
- Deduco che tu non sia ferrato in materia di demonologia, dico bene? Beh, considerato che le succubi sono note per dare la morte in concomitanza con l'atto sessuale e che raramente gettano la spugna una volta scelta una vittima riassumerei la situazione con un'espressione un po' prosaica ma ciò nondimeno efficace: "adesso sono proprio cazzi tuoi".
Ferianthalas si fa cinereo. - Un momento... dare la morte? Non mi dirai che anche qui le femmine sono come dalle mie parti - geme.
- Non proprio - spiega il mago - qui sono meno sadiche e più sbrigative.
- Uh, pare che il nostro conquistatore sia finito in un bel guaio, eh? - gongola Bajyna, divertita.
Lui la fissa in cagnesco. - C'è poco da ridere, oca giuliva - ringhia - Non sono solo io ad essere in pericolo. Grazie a te saremo costretti a dormire facendo turni di guardia, come facciamo all'aperto.
- E perché? - squittisce l'elfa, sgranando gli occhioni.
- E perché? - le fa il verso Ferianthalas, con una smorfia - Perché la nobildonna, qui, non poteva fare a meno di elargire monete d'argento come fossero bruscolini. Adesso tutta la città saprà che ci sono degli stranieri ricchi e stupidi alla Fossa del Muerto e stanotte ci sarà più viavai qui che ad un concerto delle Full Armored King's Babes. Capisci cosa intendo?
Bajyna sbianca. - Oh.
- Già. Oh.
Ferianthalas sospira. - Almeno cerca di non farti vedere nuda da nessuno. Se scoprono che sei un'elfa silvana la prossima stanza che ci daranno avrà le sbarre alle finestre.
- Guarda che io non ho l'abitudine di farmi vedere nuda da chiunque - sbotta lei.
- Ah, sì? Avresti dovuto dirlo anche al fabbro che ti ha fatto quell'armatura.
- Come ti permetti? Balordo di un elfo...
DarkShield sospira, affranto. I campi di forza sono insonorizzati, ma hanno la fastidiosa abitudine di esaurire l'ossigeno a disposizione, dopo un po'.
- Signori, basta per favore. - li interrompe, dopo aver ripreso a respirare regolarmente - Decidiamo che fare prima di cena, dovremmo cercare discretamente qualche informazione sulla principessa.
- Quello posso farlo io - dice Ferianthalas - ho già adocchiato un paio di avventori interessanti. E "discretamente" è il mio secondo nome.
- Perfetto. - dice il mago - E tu Bajyna, perché non...
Lei solleva un dito e scuote il capo, grave. - Non guardare me, becchino. Io ho il mio bagno che mi attende. Chiunque si metterà tra lui e me andrà a dichiararsi a quella succube. E sapete bene che posso farvelo fare.
DarkShield deglutisce. - Era solo un'idea, comunque. - tossicchia - Vorrà dire che io esplorerò un po' i dintorni. Sarò prudente, non preoccupatevi.
- E chi si preoccupa? - fanno gli elfi, in coro, ostentando un'indifferenza comune agli elfi di qualunque colore.


CHI DEI NOSTRI EROI VOLETE SEGUIRE? 

1. Ovviamente la giovane (in termini elfici) Bajyna in bagno, per poter godere delle sue grazie senza correre il rischio di essere uccisi. O essere costretti a uccidersi.

2. Ferianthalas, che sta andando a dispensare un po' della sua sana arroganza e della sua coolness agli avventori della sala, e sperando che non incroci la succube per strada...

3. Un necromante schizzinoso in un villaggio dark, tetro e pieno di pericoli. Che mai potrebbe capitare di peggio al povero DarkShield che essere finito in una simile compagnia di eroi?

4. Mohamet Al, intento a procacciarsi il cibo dal canale di scolo dietro la locanda e ignaro di un gruppo di loschi figuri che parlottano tra loro poco lontano.

SCEGLIETE E COMMENTATE!!




"Una moneta d'argento VERA? Per quella cifra potevo offrirgli la stanza più schifosa della locanda!"

Golg il locandiere


Volete leggere la parte precedente della storia? La trovate QUI

mercoledì 10 aprile 2013

Circa il Mercato di Piazza Storta


Bentvovati, amici cavissimi! Sono sempve io, Vomualdo, gvazioso pvincipe delle Mavche d'Avgento. Eccoci di nuovo qui pev un'altva emozionante puntata del cvossovev scvitto dall'ottimo PM! Bando agli indugi, quindi, ché il tempo è poco e mica tutti sono immovtali come me medesimo! Enjoy while you can! 

di PM

Moul il mendicante, meglio conosciuto nell'ambiente come il Sudicio, aveva fame.
Non aveva fame di carne, di pane o di formaggio, o almeno non solo di quello. Aveva fame di donne. Era passato molto, molto tempo dall'ultima, forse più che dall'ultimo pezzo di formaggio rubato al mercato, e ormai il desiderio lo rodeva dentro.
Moul cercava le sue donne nello stesso posto in cui cercava il formaggio: il mercato di Piazza Storta. In una città grande come la Capitale, cresciuta intorno al Palazzo Reale, ogni quartiere aveva la sua storia, le sue particolarità e il suo mercato, ma il mercato di Piazza Storta attirava i clienti da tutto il Regno. Li si mischiavano i nobili di Porta Dorata, i ricchi mercanti del Quartiere Nuovo, e la gente comune di Valletta, Triassico o del Quartiere Vecchio. Era cosa comune vedere nobili imbellettati e donnacce di dubbia moralità spalla a spalla nelle strette vie intorno alla Piazza, e anche la comunità dei mendicanti aveva imparato che a Piazza Storta si potevano trovare occasioni d’oro.
Moul conosceva tutti i mercanti della Piazza, anche se nessuno di loro conosceva lui. Sapeva dove trovare gli avanzi migliori, in quali bancarelle era più facile intascarsi un boccone o due senza essere notati, e dove appostarsi per borseggiare gli avventori distratti.
Moul era un mendicante molto abile. Ed era speciale. C'è chi nasce con il braccio per la spada, c'è chi nasce con la Vera Fede. E c'è chi nasce con la magia nelle vene. Quando Moul aveva fame di donne gli bastava desiderarle, e sarebbero venute da lui.


Era ormai quasi sera quando Dana e le Spade lo trovarono, sulla riva del piccolo fiume che attraversa la Foresta Logorroica. La creatura stava in piedi vicino ad un’ansa del ruscello, ondeggiando avanti e indietro, con lo sguardo fisso sull'altra riva. Gli alberi vicino a lui erano privi di foglie, cadute e ormai marcescenti, e solamente il suono dell'acqua rompeva il silenzio opprimente che lo circondava. La vedetta delle Spade, il primo a giungere sul posto, era inginocchiato contro un masso e dava di stomaco. Gli altri membri della squadra, con le mani tremanti sulle else delle spade, erano immobili nell'ombra della foresta.
Dana fece un cenno all'uomo alla sua destra “Portatelo via” ordinò con voce bassa e ferma, indicando la vedetta “e allontanatevi tutti. Non ho bisogno di voi, questa volta”
Ne di loro, ne di nessun altro, pensò. Nessuno nel raggio di miglia avrebbe potuto affrontare la creatura, se non lei. Riportò lo sguardo sulla figura vicino al fiume, e inspirò profondamente, indurendo l'espressione del viso insieme con il suo spirito. “Come acciaio” sillabò.
Mentre il rumore delle armature alle sue spalle le confermava che i suoi uomini stavano seguendo i suoi ordini, Dana fece un passo in avanti, uscendo da sotto gli alberi nella tenue luce della sera.
“Kail” chiamò, con voce pacata.


Moul guardava in alto i raggi di luce attraversare l'aria polverosa del vicolo. A quell'ora della sera le tegole sbeccate delle case intorno a Piazza Storta proiettavano ombre nitide, che tagliavano l'aria dividendo la citta' in giorno e notte.
Abbassò nuovamente lo sguardo sulla giovane che sorrideva alla bancarella di Mastro Gordo. Il viso, illuminato da una lama di luce, era ancora più splendente con quel sorriso. La desiderava. Desiderava quel sorriso solo per se. Si concentrò, nell'ombra del vicolo, e la giovane lentamente alzò lo sguardo dalla bancarella, andando ad incrociare il suo.
Anche Moul sorrise, un sorriso sdentato ma genuino, ed aspettò che la giovane si avvicinasse.


Von Braun conduceva il cavallo per le briglie nel fitto del sottobosco della Foresta Logorroica, seguito a pochi passi da Sven e dalla strega. Avevano lasciato l'accampamento dei briganti nel primo pomeriggio, partendo alla ricerca della principessa.
L'Inquisitore aveva ascoltato il racconto confuso del ragazzo e dei briganti rimasti al campo, ed aveva atteso il ritorno, a mani vuote, di Gaston prima di mettersi in viaggio. Chiunque fosse il responsabile del meschino gesto, era senza dubbio alcuno un maestro del sotterfugio. Le tracce che avevano seguito Gaston e gli altri briganti portavano al nulla, e le parole di Sven recavano il dubbio che non di semplici uomini si trattasse, ma di qualche minaccia sovrannaturale.
Aveva chiesto consiglio a Thorm, pregato che gli illuminasse la strada, e guidato dalla Vera Vista era arrivato fino al fiume, dove aveva sentito una presenza oscura, di cui ancora non poteva distinguere le forme. Aveva pensato al Conte in principio, ma non ne era piu' certo.
Poche decine di passi davanti a loro si apriva un varco nella foresta, dove il ruscello faceva un'ansa e gli alberi erano più radi. Avvicinandosi, notò una figura in armatura che avanzava sul greto del fiume, riflettendo sul lucido metallo i raggi obliqui della sera. La strega, in silenzio, si portò al suo fianco. Von Braun fece per avanzare, per uscire dal sottobosco in direzione dell'uomo, quando un improvviso attacco di panico gli congelò le membra.
Oltre la figura in armatura stava una creatura immonda. Era bastato un semplice sguardo per far vacillare lo spirito dell'Inquisitore, e ora poteva percepire distintamente il terrore che la creatura emanava, poteva dare un nome alla sensazione che provava da quando si erano avvicinati al fiume. Quello non era un semplice non-morto, un cadavere rianimato in un'esistenza blasfema, quella creatura emanava la Morte stessa.
Von Braun si voltò verso Sven, che stretto al tronco di un albero fissava con sguardo vuoto in direzione dell'essere, il volto pallido e le membra scosse da tremiti. La strega lo guardava con occhi imploranti, scuotendo muta la testa. Si aggrappò al simbolo di Thorm che portava al collo e mosso solo dalla forza della fede uscì dal bosco.


Le strade che portano a Piazza Storta erano gremite di gente. Il mercato stava chiudendo, e le folle si spostavano dalla Piazza alle molte locande che la circondavano. Moul si stava spostando di vicolo in vicolo, alla ricerca di un antro lontano dai troppi sguardi che lo perseguitavano, seguito a qualche distanza dalla giovane donna del mercato. Di solito nessuno notava il Sudicio, e chi anche si accorgeva di lui faceva presto a dimenticarsene. Ma quando usava la sua abilità, diventava improvvisamente cosciente di essere al centro dell'attenzione. Aveva bisogno di un posto dove portare la ragazza, dove se anche avesse gridato, cosa che a volte le donne di Moul facevano, nessuno lo avrebbe disturbato.


Dana era ormai a pochi passi dalla creatura quando sentì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle.
Si voltò lentamente, cercando di non distogliere lo sguardo dal non-morto, per vedere un uomo di mezza età che si avvicinava dalla sponda opposta del fiume. Il volto teso ne rivelava le intenzioni, mentre le vesti ne facevano un Inquisitore di Thorm.
“Fermatevi, Inquisitore” lo apostrofò Dana tendendo la destra a mo' di monito “non procede oltre il ruscello”
L’uomo, evidentemente sopreso, si immobilizzò con l’acqua alle caviglie “Siete una donna?” chiese con voce insicura.
Alla voce di Von Braun la creatura parve risvegliarsi da un torpore, e alzando lentamente la testa, emise un suono basso e minaccioso, gli occhi bianchi fissi sull’uomo.
“Andatevene, adesso” ordinò Dana senza staccare gli occhi dalla creatura “non v’è nulla che possiate fare qui”
L’Inquisitore indugiava, evidentemente preso fra i suoi doveri e il buon senso “Non... non posso lasciarvi qui...”
“Vi ordino in nome della Corona di Ferro di andarvene!” sbottò Dana, snudando la spada in direzione dell’uomo.
Fece appena in tempo a girarsi mentre la creatura le si avventava addosso.


Dalla cima della scalinata che portava ad un buio magazzino, Moul si massaggiava le tempie, gli occhi socchiusi per la concentrazione. Aveva trovato il posto giusto finalmente, lontano dalle chiassose taverne e abbastanza vicino al Palazzo Reale perchè nessun altro mendicante ne rivendicasse il possesso. Ora doveva solo riuscire a convincere la ragazza a entrare nel vicolo.
Si concentrò ancora di più mentre la ragazza si avvicinava distrattamente al basso arco che conduceva alla scalinata. Doveva riconquistarne l’attenzione. L’aveva attirata li un po’ per volta, un richiamo dopo l’altro, come faceva con i piccioni quando aveva voglia di carne, una briciola dopo l’altra. Ora sarebbe bastato mostrare un tozzo di pane, e lei sarebbe corsa da lui. La ragazza indugiava sulle colonne all’entrata, guardandosi intorno. Quando infine lo sguardo cadde su Moul, sorrise e fece per entrare nel vicolo. Moul si strinse le mani sulle orecchie, chiamandola con il pensiero, la bocca sdentata aperta in estasi. Vedeva solo lei, sentiva solo lei, fino a quando due spanne di metallo gli uscirono dalla gola, interrompendone bruscamente la concentrazione.
La ragazza alzò lo sguardo, si guardò intorno con viso spaventato, e corse via da dove era venuta.
“Queste non sono le catacombe, Nano” sussurrò la Serpe, sfilando con il tacco la Lama dalla nuca del mendicante “dove ci hai portato?”




"La Capitale è la città più bella e romantica che ci sia, Odetta. Giardini, fiori, fontanelle e splendidi arazzi dappertutto!"
"Quello è il Palazzo, altezza. La Capitale continua anche fuori, sapete?"
"In che senso fuori?"

Cleofelia e Odetta due anni fa


giovedì 4 aprile 2013

Previsioni del Tempo: Intense precipitazioni di Cetacei in tutto l'Est oltre lo Spacco. Non dimenticate l'ombrello...


Avete dato la vostra risposta ed ora è il momento di sapere se ci avete azzeccato. Alcuni di voi aspettavano questo momento con ansia, altri un po' meno. Ad ogni modo qualcosa di grosso sta per accadere. O per cadere, a seconda dei punti di vista. Siete curiosi? No? Neanche un pochino? Mi spiegate che ci siete venuti a fare, qui?


Bajyna avanza dubbiosa verso il ponte, accennando imbarazzati saluti con la mano ogni qualvolta uno degli Oscuri la nota. Si è rifiutata categoricamente di farsi imbavagliare come volevano gli altri, sostenendo che era perfettamente in grado di controllarsi. Ora che vede avanzare verso di lei decine di guerrieri armati fino ai denti e con addosso corazze spaventose dipinte di sangue e piene di rostri e punzoni, però, l'elfa sente l'irrefrenabile impulso di usare il proprio potere. Ma si trattiene. Non vuole ascoltare un'altra ora di filippiche di Ferianthalas sull'inaffidabilità delle donne elfiche.
I bruti e le loro controparti femminili si radunano lentamente dall'altra parte del ponte, disponendosi a semicerchio con le armi sguainate e ghigni orribili sulle facce deformi. Decisamente l'Impero di Mors Tua non è l'ideale per una come lei, che valuta la bellezza sopra ogni altra cosa.
- Ehm... salve... - saluta timidamente, non appena ha percorso abbastanza del traballante ponte sospeso da poter essere udita.
- Un'elfa? - borbotta qualcuno tra la folla, mentre anche i rimanenti guerrieri si avvicinano per guardarla meglio - Sei impazzita, orecchie a punta? Lo sai cosa facciamo noi a quelle come te?
Bajyna scocca un'occhiata preoccupata dietro di sé, verso le rocce, poi tossicchia e cerca di assumere un'aria professionale, afferrando una corda del ponte e piegandosi i gradi sufficienti ad esibire una generosa porzione del suo didietro.
- Lo so, è per questo che sono qui. - geme, languida, pettinandosi lascivamente i lunghi capelli con le dita e mordendosi il labbro inferiore - Sono stufa di elfi che pensano solo alla poesia e a tirare con l'arco. Sono una donna con delle esigenze, sapete...
Un grufolio di eccitazione, misto all'universale disapprovazione delle femmine, si propaga per il battaglione, con il risultato che quelli dietro iniziano a sgomitare per poter ammirare anche loro le grazie di Bajyna, come antipasto del consueto stupro di massa che solitamente segue questo genere di scambi culturali tra comunità differenti.
La folla urlante si avvicina al ponte e l'elfa deglutisce.
- Mi raccomando - aveva detto DarkShield - non potremo udire ciò che dirai da qui. Il segnale dovrà essere visivo. Quando credi che siano tutti in posizione...
- ... Datti tre schiaffoni sulla chiappa destra. - aveva concluso Ferianthalas, con un sorriso malvagio.
- Se vuoi li do a te anche subito, tre schiaffoni.
- Io d'accordo con elfo nero. - aveva detto Mohamet - Tu darai noi schiena. Se noi non capisce segnale quelli laggiù prendere te e fare cose che non esistono in mio vocabolario.
- E poi daranno meno nell'occhio, visto quello che dovrai fare, no? - aveva ridacchiato Ferianthalas - Mi raccomando, tre schiaffi belli forti o potremmo non accorgerci del segnale...
- Non avevate detto che il segnale doveva essere visivo? - aveva sospirato Bajyna - E va bene, ho capito. Tre schiaffoni.
- Sulla chiappa destra.
- Sulla chiappa destra. Ora per favore vogliamo procedere prima che inizi a riflettere sull'assurdità di questo piano e cambi idea?
Così erano andate le cose. E ora Bajyna è nel luogo prescelto, poco prima del momento fatidico.
- Sai cosa ti farò, bell'elfa? - grugnisce una specie di omuncolo con la faccia da suino, sgomitando tra gli altri soldati.
- Tu un bel niente. - borbotta Bajyna, arricciando il nasino - Non mi piace la carne di maiale, è troppo grassa.
- Ti umilierò, razza di baldracca elfica - tuona un altro, puntandole contro un dito.
- E il manzo? Ti piace il manzo? - urla un minotauro dalle retrovie.
Bajyna reputa che sia il momento del segnale, meglio chiudere la questione prima che gli animi e le parti basse di quella marmaglia si scaldino troppo.
Stringendo i denti si piega leggermente in avanti e si auto-infligge tre solenni schiaffoni sulla chiappa destra.
La folla va in visibilio, qualcuno inizia a fischiare, le guerriere le urlano dietro, definendola elfa di facili costumi, passegiatrice, peripatetica e altri termini poco gentili derivati dall'orchesco.
- Credo che questa fanciulla abbia i nostri stessi gusti - ride qualcuno.
- Ehi, bella - grida un altro - se vuoi degli schiaffi sei venuta nel posto giusto...
Bajyna si guarda indietro, in ansia. Perché quell'imbecille non si muove?
Un guerriero emerge dalla folla e mette piede sulle assi di legno. Bajyna gli assesta un calcio nei testicoli talmente forte da farlo volare indietro. I suoi commilitoni scoppiano in una risata, ma subito un altro si fa avanti, munito dei poderosi mutadoni di metallo che vanno tanto di moda nei mondi fantasy.
Bajyna indietreggia di un passo e guarda verso le rocce, disperata, poi si molla altri tre schiaffoni sul sedere.
- A questa mi sa che piace più violento che a noi - urla un colosso dalla pelle verde.
- L'accontento subito... - ringhia il guerriero che si è fatto avanti sul ponte, afferrandola per un braccio.
- No! - Bajyna cerca inutilmente di liberarsi, ma proprio quando sta per cedere alla paura e a urlare un comando la folla si zittisce e solleva lo sguardo su un punto dietro di lei.
- E quello chi è? - grida qualcuno - É così scuro che mica l'avevo visto!
- Ma bene, facciamo della facile ironia razziale, eh? - tuona la voce di Ferianthalas - Beccatevi questo, allora!
L'elfo tende l'arco solennemente e scocca un'unica freccia, che solca il cielo notturno emettendo un urletto alla Alvin e i Chipmunks. Se gli Oscuri potessero vedere fin là, noterebbero che all'asta è stato assicurato uno scoiattolo spelacchiato che sembra divertirsi parecchio.
Decine di occhi si sollevano all'unisono per osservare la traiettoria della freccia, che sembra procedere lenta e maestosa come fosse la protagonista di una parata.
Non appena si trova sopra di loro, accade qualcosa. Dove prima c'era una freccia ora c'è un gigantesco capodoglio.
Sì, avete letto bene.
Un capodoglio.
Il massiccio cetaceo rotea in aria una singola volta, come una ballerina stanca, poi viene agguantato dalle inesorabili mani della gravità e trascinato al suolo con la potenza di un megaton.
Gli oscuri cercano di trovare scampo fuggendo e sgomitando, ma la calca sa essere la peggiore delle prigioni e la punizione cade loro addosso con tutta la potenza delle sue 110.231, 131 libbre (per quelli come Ferianthalas poco avvezzi alle unità di misura obbligatorie della fantasy stiamo parlando di circa 50 tonnellate).
L'impatto scuote la parete del crepaccio. Il ponte si solleva come le redini di una carrozza prima che vengano schioccate e Bajyna urla, aggrappandosi disperatamente ad una delle corde logore che lo compongono. A meno di un metro da lei la parete di roccia frana e si spezza, tremando spaventosamente. Alcuni dei pochi sopravvissuti allo schianto del cetaceo fuggono in tutte le direzioni, alcuni precipitano nello Spacco urlando.
Il ponte viene strattonato brutalmente dall'onda sussultoria e le grosse corde che lo assicurano all'altro lato della voragine vengono strappate come fuscelli. Bajyna si aggrappa con tutte le forze, preparandosi a subire l'urto con la parete di roccia. Intorno a lei gli Oscuri continuano a precipitare.
All'improvviso Bajyna si sente afferrare per una caviglia, abbassa gli occhi solo per un istante e vede la brutta faccia di Mutande di Ferro, che cerca disperatamente di usarla come scala per risalire.
L'elfa cerca di urlare un comando, ma la voce le muore in gola. C'è troppa polvere, troppo frastuono, troppa paura.
All'improvviso dalla schiena di Mutande di Ferro sbocciano tre fiori dritti, con petali di piume e gambi di legno. L'Oscuro sgrana gli occhi per la sorpresa e lascia andare la caviglia di Bajyna, precipitando nella voragine senza fondo in silenzio.
Bajyna chiude gli occhi e cerca di calmare il respiro, poi comincia lentamente la risalita. Sopra di lei gli Oscuri superstiti stanno ancora cadendo nel precipizio.
No... ora che guarda meglio in effetti non stanno cadendo. Vengono scagliati.
Non appena riesce a riguadagnare faticosamente la cima, l'elfa si trova davanti al più grosso massacro di carne in scatola cui abbia mai avuto il piacere di assistere. Il capodoglio è ancora lì, immobile, mentre DarkShield, giunto da quel lato su uno dei suoi campi di forza, si sta divertendo ostentatamente nel precipitare i sopravvissuti incontro alla sua cara, Vera Morte.
Bajyna si siede su una roccia e sussulta, il sedere dolorante.
Quando DarkShield ha terminato la ricreazione decide finalmente di usare il suo potere per far attraversare Ferianthalas.
Nel momento in cui l'elfo scuro tocca finalmente terra dopo il breve volo il suo colorito è più simile alla cenere che al carbone.
- Per la Dea Ragno... - ansima - Dovevi per forza farmi attraversare così lentamente, maledizione? Non è facile non guardare giù quando non hai niente di visibile a sorreggerti.
- L'arte dei Campi di Forza richiede concentrazione ferrea - spiega il necromante, gelido - avresti preferito che ti avessi lasciato cadere? E non credere che non ci abbia pensato.
Ferianthalas fa una smorfia e risponde con l'universale linguaggio dei segni, sollevando il dito medio. Poi indica con un cenno il capodoglio immobile. - Che è successo al druido, è morto? Diamine, non so se essere più scioccato da quello che ho appena visto o dal fatto che un suo piano abbia effettivamente funzionato...
DarkShield arriccia il naso, schifato. - No, non è morto, purtroppo. Ho già controllato.
Ferianthalas fa spallucce. - E tu, oca giuliva? Hai preso un bello spavento su quel ponte, vero?
Bajyna si alza di scatto e gli assesta un pugno sulla spalla, trattenendo a stento l'ira.
- Ahi! - sbotta l'elfo, aggrottando le sopracciglia - Si può sapere che ti prende, maledetta pazza? Ti ho anche salvato il culo, poco fa.
Bajyna sussulta ed esita, ricordando le tre frecce che hanno ucciso Mutande di Ferro. Poi incrocia le braccia e distoglie lo sguardo. - Perchè non hai tirato quando ho dato il primo segnale? Ti divertivi a vedermi in difficoltà, vero?
- Io? No...
Silenzio generale.
- Beh, magari un pochino. Ma non è stata colpa mia. Ho dovuto litigare con il druido per convincerlo che non mi sarebbe stato possibile scagliare un procione dall'altra parte dello Spacco. Sai bene quanto possa essere testardo, quello.
- Sì, confermo. - dice DarkShield, riacquistando il suo consueto aplomb mortuario.
Bajyna sospira e fa per dire qualcosa, ma in quel momento un gemito poderoso rompe il silenzio della notte e il capodoglio rotola lentamente sulla schiena, rivelando la frittata di guerrieri sotto di lui.
Bajyna arriccia il naso. - Bleah, che schifo...
- Eh... in effetti...
DarkShield si allontana a passi lenti per dare regalmente di stomaco dietro un macigno. Scene come quelle gli ricordano un po' troppo la necromanzia classica.
Mohamet Al torna gradualmente alla sua forma originale, le braccia e il petto pieni di tagli ed escoriazioni.
- Per la Grande Foresta... che panciata... - sussurra, poi scatta a sedere e si guarda intorno, con gli occhi divertiti e pieni di aspettativa di un bambino - Piano funzionato, vero? Io genio!
- Adesso non ti allargare - borbotta Ferianthalas, incrociando le braccia sul petto - Ti do un buono meno meno. Stavi per far morire l'oca giuliva, qui.
- Invero. - concorda DarkShield, massaggiandosi pensosamente il mento glabro e appuntito - Mi rincresce assai aver trascurato un fattore logico come la componente geologica dell'area. Un impatto da 110.231, 131 libbre avrebbe potuto far sprofondare interamente il fianco del crepaccio. Una svista da dilettanti, devo ammetterlo.
- Beh, noi passati, no? - protesta il druido, allargando le braccia - Noi tutti vivi, che altro vuole, cocktail con fetta di limone?
Bajyna sospira e si massaggia la chiappa destra.
- Sicuri che non sia sfuggito nessuno? - chiede - Abbiamo già poche speranze anche con l'effetto sorpresa, ma se Mors Tua dovesse mandare qui uno dei suoi generali...
- Credo siano morti tutti, ma nel dubbio è meglio muoverci - concorda Ferianthalas, serio.
Bajyna annuisce stancamente e si avvia zoppicando. Gli altri tre si avvicinano lentamente gli uni agli altri, senza staccare gli occhi dal sedere dell'elfa.
- Ehm... che diavolo significa Mattia Riccardo Carlo? - domanda Ferianthalas, accigliato - È un qualche strano incantesimo?
DarkShield tossicchia, imbarazzato. - Non che io sappia. Magari è elfico antico?
Ferianthalas scuote il capo. - Mmm. Non credo. E anche se fosse l'elfico antico è una lingua sacra, non mi sembrerebbe il caso di tatuarsela sul sedere.
- Magari nome di fidanzato. - azzarda Mohamet Al.
Ferianthalas si irrigidisce - Non credo. Neppure lei arriverebbe a tanto.
Sentendosi osservata Bajyna si volta di scatto e li fulmina con lo sguardo. - Quando avete finito di fissarmi il culo potreste muovervi, per favore? Facciamo notte, qui.
Ferianthalas sospira e s'incammina, seguito dal druido.
- Tecnicamente parlando qui è sempre notte - mormora DarkShield, tra sé.
Poi fa spallucce e s'incammina a sua volta.


Complimenti ai tre vincitori, che ora potranno fregiarsi di avere il proprio nome tatuato sul sedere di una splendida fanciulla! E chissà cosa accadrà quando Bajyna se ne accorgerà!
Commentate questo capitolo come più vi aggrada, cari sudditi, sapete che teniamo sempre in debita considerazione il vostro pensiero. 
Il cestino, altrimenti, sarebbero soldi sprecati.
A prestissimo con un nuovo capitolo della storia parallela di PM, già in cantiere!


Dopo questa storia pare che il Re abbia assoldato segretamente degli ingegneri per creare una catapulta spara-capodogli, ma è solo una diceria. dopo il fallimento dell'innovativo Spara-cinghiali a ripetizione il Regno ha ufficialmente chiuso le sperimentazioni belliche con gli animali. Con  discreto sollievo della popolazione.