Bentvovati, amici cavissimi! Sono sempve io, Vomualdo, gvazioso pvincipe delle Mavche d'Avgento. Eccoci di nuovo qui pev un'altva emozionante puntata del cvossovev scvitto dall'ottimo PM! Bando agli indugi, quindi, ché il tempo è poco e mica tutti sono immovtali come me medesimo! Enjoy while you can!
di PM
Moul
il mendicante, meglio conosciuto nell'ambiente come il Sudicio, aveva
fame.
Non
aveva fame di carne, di pane o di formaggio, o almeno non solo di
quello. Aveva fame di donne. Era passato molto, molto tempo
dall'ultima, forse più che dall'ultimo pezzo di formaggio rubato al
mercato, e ormai il desiderio lo rodeva dentro.
Moul
cercava le sue donne nello stesso posto in cui cercava il formaggio:
il mercato di Piazza Storta. In una città grande come la Capitale,
cresciuta intorno al Palazzo Reale, ogni quartiere aveva la sua
storia, le sue particolarità e il suo mercato, ma il mercato di
Piazza Storta attirava i clienti da tutto il Regno. Li si mischiavano
i nobili di Porta Dorata, i ricchi mercanti del Quartiere Nuovo, e la
gente comune di Valletta, Triassico o del Quartiere Vecchio. Era cosa
comune vedere nobili imbellettati e donnacce di dubbia moralità
spalla a spalla nelle strette vie intorno alla Piazza, e anche la
comunità dei mendicanti aveva imparato che a Piazza Storta si
potevano trovare occasioni d’oro.
Moul
conosceva tutti i mercanti della Piazza, anche se nessuno di loro
conosceva lui. Sapeva dove trovare gli avanzi migliori, in quali
bancarelle era più facile intascarsi un boccone o due senza essere
notati, e dove appostarsi per borseggiare gli avventori distratti.
Moul
era un mendicante molto abile. Ed era speciale. C'è chi nasce con il
braccio per la spada, c'è chi nasce con la Vera Fede. E c'è chi
nasce con la magia nelle vene. Quando Moul aveva fame di donne gli
bastava desiderarle, e sarebbero venute da lui.
Era
ormai quasi sera quando Dana e le Spade lo trovarono, sulla riva del
piccolo fiume che attraversa la Foresta Logorroica. La creatura stava
in piedi vicino ad un’ansa del ruscello, ondeggiando avanti e
indietro, con lo sguardo fisso sull'altra riva. Gli alberi vicino a
lui erano privi di foglie, cadute e ormai marcescenti, e solamente il
suono dell'acqua rompeva il silenzio opprimente che lo circondava. La
vedetta delle Spade, il primo a giungere sul posto, era inginocchiato
contro un masso e dava di stomaco. Gli altri membri della squadra,
con le mani tremanti sulle else delle spade, erano immobili
nell'ombra della foresta.
Dana
fece un cenno all'uomo alla sua destra “Portatelo via” ordinò
con voce bassa e ferma, indicando la vedetta “e allontanatevi
tutti. Non ho bisogno di voi, questa volta”
Ne
di loro, ne di nessun altro, pensò. Nessuno nel raggio di miglia
avrebbe potuto affrontare la creatura, se non lei. Riportò lo
sguardo sulla figura vicino al fiume, e inspirò profondamente,
indurendo l'espressione del viso insieme con il suo spirito. “Come
acciaio” sillabò.
Mentre
il rumore delle armature alle sue spalle le confermava che i suoi
uomini stavano seguendo i suoi ordini, Dana fece un passo in avanti,
uscendo da sotto gli alberi nella tenue luce della sera.
“Kail”
chiamò, con voce pacata.
Moul
guardava in alto i raggi di luce attraversare l'aria polverosa del
vicolo. A quell'ora della sera le tegole sbeccate delle case intorno
a Piazza Storta proiettavano ombre nitide, che tagliavano l'aria
dividendo la citta' in giorno e notte.
Abbassò
nuovamente lo sguardo sulla giovane che sorrideva alla bancarella di
Mastro Gordo. Il viso, illuminato da una lama di luce, era ancora più
splendente con quel sorriso. La desiderava. Desiderava quel sorriso
solo per se. Si concentrò, nell'ombra del vicolo, e la giovane
lentamente alzò lo sguardo dalla bancarella, andando ad incrociare
il suo.
Anche
Moul sorrise, un sorriso sdentato ma genuino, ed aspettò che la
giovane si avvicinasse.
Von
Braun conduceva il cavallo per le briglie nel fitto del sottobosco
della Foresta Logorroica, seguito a pochi passi da Sven e dalla
strega. Avevano lasciato l'accampamento dei briganti nel primo
pomeriggio, partendo alla ricerca della principessa.
L'Inquisitore
aveva ascoltato il racconto confuso del ragazzo e dei briganti
rimasti al campo, ed aveva atteso il ritorno, a mani vuote, di Gaston
prima di mettersi in viaggio. Chiunque fosse il responsabile del
meschino gesto, era senza dubbio alcuno un maestro del sotterfugio.
Le tracce che avevano seguito Gaston e gli altri briganti portavano
al nulla, e le parole di Sven recavano il dubbio che non di semplici
uomini si trattasse, ma di qualche minaccia sovrannaturale.
Aveva
chiesto consiglio a Thorm, pregato che gli illuminasse la strada, e
guidato dalla Vera Vista era arrivato fino al fiume, dove aveva
sentito una presenza oscura, di cui ancora non poteva distinguere le
forme. Aveva pensato al Conte in principio, ma non ne era piu' certo.
Poche
decine di passi davanti a loro si apriva un varco nella foresta, dove
il ruscello faceva un'ansa e gli alberi erano più radi.
Avvicinandosi, notò una figura in armatura che avanzava sul greto
del fiume, riflettendo sul lucido metallo i raggi obliqui della sera.
La strega, in silenzio, si portò al suo fianco. Von Braun fece per
avanzare, per uscire dal sottobosco in direzione dell'uomo, quando un
improvviso attacco di panico gli congelò le membra.
Oltre
la figura in armatura stava una creatura immonda. Era bastato un
semplice sguardo per far vacillare lo spirito dell'Inquisitore, e ora
poteva percepire distintamente il terrore che la creatura emanava,
poteva dare un nome alla sensazione che provava da quando si erano
avvicinati al fiume. Quello non era un semplice non-morto, un
cadavere rianimato in un'esistenza blasfema, quella creatura emanava
la Morte stessa.
Von
Braun si voltò verso Sven, che stretto al tronco di un albero
fissava con sguardo vuoto in direzione dell'essere, il volto pallido
e le membra scosse da tremiti. La strega lo guardava con occhi
imploranti, scuotendo muta la testa. Si aggrappò al simbolo di Thorm
che portava al collo e mosso solo dalla forza della fede
uscì
dal bosco.
Le
strade che portano a Piazza Storta erano gremite di gente. Il mercato
stava chiudendo, e le folle si spostavano dalla Piazza alle molte
locande che la circondavano. Moul si stava spostando di vicolo in
vicolo, alla ricerca di un antro lontano dai troppi sguardi che lo
perseguitavano, seguito a qualche distanza dalla giovane donna del
mercato. Di solito nessuno notava il Sudicio, e chi anche si
accorgeva di lui faceva presto a dimenticarsene. Ma quando usava la
sua abilità, diventava improvvisamente cosciente di essere al centro
dell'attenzione. Aveva bisogno di un posto dove portare la ragazza,
dove se anche avesse gridato, cosa che a volte le donne di Moul
facevano, nessuno lo avrebbe disturbato.
Dana
era ormai a pochi passi dalla creatura quando sentì qualcuno
avvicinarsi alle sue spalle.
Si
voltò lentamente, cercando di non distogliere lo sguardo dal
non-morto, per vedere un uomo di mezza età che si avvicinava dalla
sponda opposta del fiume. Il volto teso ne rivelava le intenzioni,
mentre le vesti ne facevano un Inquisitore di Thorm.
“Fermatevi,
Inquisitore” lo apostrofò Dana tendendo la destra a mo' di monito
“non procede oltre il ruscello”
L’uomo,
evidentemente sopreso, si immobilizzò con l’acqua alle caviglie
“Siete una donna?” chiese con voce insicura.
Alla
voce di Von Braun la creatura parve risvegliarsi da un torpore, e
alzando lentamente la testa, emise un suono basso e minaccioso, gli
occhi bianchi fissi sull’uomo.
“Andatevene,
adesso” ordinò Dana senza staccare gli occhi dalla creatura “non
v’è nulla che possiate fare qui”
L’Inquisitore
indugiava, evidentemente preso fra i suoi doveri e il buon senso
“Non... non posso lasciarvi qui...”
“Vi
ordino in nome della Corona di Ferro di andarvene!” sbottò Dana,
snudando la spada in direzione dell’uomo.
Fece
appena in tempo a girarsi mentre la creatura le si avventava addosso.
Dalla
cima della scalinata che portava ad un buio magazzino, Moul si
massaggiava le tempie, gli occhi socchiusi per la concentrazione.
Aveva trovato il posto giusto finalmente, lontano dalle chiassose
taverne e abbastanza vicino al Palazzo Reale perchè nessun altro
mendicante ne rivendicasse il possesso. Ora doveva solo riuscire a
convincere la ragazza a entrare nel vicolo.
Si
concentrò ancora di più mentre la ragazza si avvicinava
distrattamente al basso arco che conduceva alla scalinata. Doveva
riconquistarne l’attenzione. L’aveva attirata li un po’ per
volta, un richiamo dopo l’altro, come faceva con i piccioni quando
aveva voglia di carne, una briciola dopo l’altra. Ora sarebbe
bastato mostrare un tozzo di pane, e lei sarebbe corsa da lui. La
ragazza indugiava sulle colonne all’entrata, guardandosi intorno.
Quando infine lo sguardo cadde su Moul, sorrise e fece per entrare
nel vicolo. Moul si strinse le mani sulle orecchie, chiamandola con
il pensiero, la bocca sdentata aperta in estasi. Vedeva solo lei,
sentiva solo lei, fino a quando due spanne di metallo gli uscirono
dalla gola, interrompendone bruscamente la concentrazione.
La
ragazza alzò lo sguardo, si guardò intorno con viso spaventato, e
corse via da dove era venuta.
“Queste
non sono le catacombe, Nano” sussurrò la Serpe, sfilando con il
tacco la Lama dalla nuca del mendicante “dove ci hai portato?”
"La Capitale è la città più bella e romantica che ci sia, Odetta. Giardini, fiori, fontanelle e splendidi arazzi dappertutto!"
"Quello è il Palazzo, altezza. La Capitale continua anche fuori, sapete?"
"In che senso fuori?"
Cleofelia e Odetta due anni fa
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Leali sudditi!
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Con velenosa franchezza,
Archibald Lecter, segretario particolare del Re