Bentvovati, cavi amici! Sono sempve il vostvo pvesentatove pvefevito, Vomualdo. Un elfo che sa quello che vuole, ma che sopvattutto sa QUANDO lo vuole. E ova non lo vuole. Vieccoci ad un nuovo capitolo della stovia pavallela di PM, il gvande vitovno a palazzo della pvincipessa e della sua sevva Odetta. Pev agevolave la compvensione del fatto che questi capitoli NON sono scvitti dal Bavdo ma dal nostvo ottimo collabovatove PM (pev chi non l'avesse ancova capito) d'ova in avanti utilizzevemo dei simpatici AVATAV per identificave più facilmente gli autovi dei singoli post. Ammivate la bellezza di quello di PM, poiché vealizzato da lui medesimo. E come diciamo dalle nostve pavti: enjoy the stovy!
di PM
Il
capitano Kipple era abbastanza soddisfatto della giornata. Gli
piacevano i turni di guardia ai cancelli di Porta Dorata, erano
tranquilli. Kipple era il tipo di persona arrivato al grado di
capitano non per quello che sapeva fare, ma perché sapeva dire agli
altri quello che dovevano fare. Non era un uomo d'azione. Di
conseguenza, quando sentì un grido di donna provenire dai vicoli al
di là della piccola piazza di fronte ai cancelli, non poté che
provare un certo fastidio. Nessuno urlava in quel modo a Porta
Dorata, non c’era stato un omicidio da mesi nel quartiere. E se
anche c’era stato, era stato silenzioso.
Ma fuori, beh, era un altro discorso. Socchiuse gli occhi e allungò
la testa in direzione del vicolo in penombra da cui era arrivato
l’urlo: c’era indubbiamente qualcuno laggiù. Trovandosi puntati
addosso gli sguardi interrogativi dei suoi sottoposti, a malincuore
si preparò ad andare a scoprire cosa stesse succedendo.
Il
Falco si voltò e fece un cenno alla Serpe, che annuì e raggiunse
l'Orso, già in fondo al vicolo. "Trattienili solamente, Falco"
gli disse il Nano con voce bassa, mentre si allontanava "non
fare stupidaggini". Era veramente una nota di preoccupazione
quella che aveva sentito nella voce del Nano? E quell'occhiata fugace
al suo braccio sinistro? Inconsciamente si massaggiò l'avambraccio,
mentre si voltava verso la pattuglia di guardie che si avvicinava
all'entrata del vicolo. Ci avrebbe riflettuto dopo. Velocemente passò
le dita sotto il corpetto di cuoio, elencando mentalmente le fialette
che gli rimanevano, poi passò alla schiena, per assicurarsi che la
corta daga fosse ancora al suo posto, e ancora giù lungo i fianchi,
per controllare le fondine delle due pistole. Intanto studiava i
cinque uomini che si stavano avvicinando, preparandosi allo scontro.
Il primo a destra impugnava la lancia in modo sbagliato. Doveva
essere una recluta, poteva disarmarlo facilmente. L'uomo al suo
fianco aveva il passo irregolare, un problema alla gamba destra
probabilmente, un altro obiettivo. Passò oltre. L'uomo al centro
della formazione doveva essere quello in comando. Lo fissò in volto,
cercando di capire che persona fosse. Non c’era determinazione in
quegli occhi. Non sarebbe stato d’intralcio. Il problema erano i
due uomini in fondo alla pattuglia, o meglio, le loro balestre. Cercò
velocemente un punto debole, uno sguardo spaventato, un’impugnatura
nervosa sull’arma, ma non ne trovò. Interessante. Il novellino, lo
zoppo e il capitano. Poteva mettere fuori gioco i primi tre
facilmente, ma ci sarebbe riuscito prima di venire colpito dai dardi
degli altri due? Aprì e chiuse il pugno sinistro un paio di volte,
poi si abbottonò il bavero fin sotto il naso, si calcò il tricorno
sugli occhi ed uscì dall’ombra del vicolo nella tenue luce della
sera. Sfoderando la spada lunga con la destra e stringendo nella
sinistra un lembo del mantello aprì le braccia a mo’ di invito.
Sorrideva sotto il colletto di cuoio.
Dana
si inginocchiò a raccogliere l’elmo, rotolato fin sulla sponda del
fiume. Si sentiva leggera senza armatura. Gli schizzi d’acqua
gelida le provocarono un brivido, inspirò profondamente. “Dovrete
venire con noi al Tempio, Inquisitore” cominciò, rialzandosi. Si
voltò verso Von Braun, che immobile a qualche passo da lei fissava
oltre le spalle della ragazza. “Spero che non abbiate nulla in
contrario”. L’uomo non disse nulla, la destra ancora stretta al
simbolo di Thorm, la bocca serrata in un’espressione dura. Dana
alzò la spada e fece un segnale. Immediatamente dalla Foresta
uscirono le Spade, rimaste in attesa fino a quel momento. La vedetta
si avvicinò al comandante “Come stai?” chiese con voce bassa.
Uno sguardo tagliente della ragazza gli fece abbassare gli occhi.
“Come dobbiamo procedere?” continuo’ l’uomo. “Andate a
prendere i cavalli, ne avremo bisogno. E di’ a Narde e Simmo di
trovare qualcosa per costruire una slitta. Dobbiamo trovare un modo
per portare quello
fino al Tempio” ordinò Dana, indicando alle proprie spalle. La
vedetta fissò per un lungo attimo oltre la ragazza “Sì,
capitano”. Poi aggiunse “Abbiamo trovato due compagni
dell’Inquisitore, una donna e un ragazzo, cosa dobbiamo farne?”
Dana rinfoderò la spada al fianco, e si avvicinò a Von Braun
“Portateli qui, verranno con noi”. Poi, rivolta all’Inquisitore
“Spero che abbiate dei cavalli, perché la strada per la capitale
è lunga”. Quando la vedetta si allontanò per riferire gli ordini,
continuò “Vi ringrazio per aver tentato di aiutarmi, e mi dispiace
per la vostra armatura e la vostra spada, temo che non possiate
riaverle. Ma ne riceverete di nuove al Grande Tempio”. Von Braun la
fissava in volto con sguardo accigliato “Che cosa era quello?”
chiese infine in un sussurro “Mi dispiace, non posso darvi le
risposte che cercate” rispose la ragazza, voltandosi verso il
sarcofago di metallo contorto che troneggiava alle sue spalle “Ma
potrete tentare di riceverle direttamente dall’Evocatore della
Vita, è per suo ordine che siamo venuti fin qui” aggiunse
estraendo da sotto la casacca di cuoio un medaglione con un teschio
in lacrime, il simbolo del Grande Sacerdote. Von Braun abbassò gli
occhi sul medaglione, poi incrociò nuovamente lo sguardo di Dana, il
silenzio rotto solo dal rumore di unghie sul metallo proveniente dal
sarcofago. “Qual è il vostro nome, dunque?” chiese la ragazza.
Stavano
correndo. A Odetta girava la testa, aveva la vista annebbiata,
sentiva di non avere forze. Era stata di nuovo quella donna. Le aveva
dato qualcosa. La odiava. Non sapeva più dov' erano, udiva solo lo
sbuffare del nano sotto di lei, mentre veniva portata di peso chissà
dove. Aveva paura. Non avrebbe dovuto urlare, forse le stavano
portando veramente a Palazzo, erano arrivati fino a Porta Dorata e
ora... la principessa, dov’era la principessa? Provò a guardarsi
intorno, ma non riusciva a mettere a fuoco nulla. Continuarono a
correre a lungo, non avrebbe saputo dire quanto, il tempo scandito
dai passi pesanti del nano, da voci lontane, da luci offuscate,
finché si fermarono improvvisamente. Venne fatta sedere
delicatamente contro un albero, poi un lampo di luce improvviso la
fece tornare in se. “Svegliati” le sussurrò una voce di donna
“siete arrivate”. Odetta alzò lo sguardo verso la voce, e si
vide riflessa nella lucida maschera d’acciaio della donna. Era
pallida come un cencio. Girò lentamente la testa da un lato e
dall’altro, e vide che anche la principessa era seduta di fianco a
lei, con gli occhi chiusi. Istintivamente provò ad allungare le
braccia verso di lei, ma era troppo debole e non riuscì a
raggiungerla “Stai calma, fra poco andrà meglio” le sussurrò di
nuovo la donna, appoggiandole un palmo sulla fronte. Dietro di lei il
nano e il badhi si guardavano intorno nervosamente. “Sbrigati
Serpe” ringhiò il nano, ancora ansimante per la lunga corsa. La
donna le si inginocchiò di fronte “Ora ti dimenticherai di noi.
Riporta la principessa a Palazzo, e di’ che è stato solo uno
sciocco gioco, una fuga per le vie della città di due giovani
sconsiderate. Solo voi due. Addio... e prenditi cura di lei”. C’era
molta tristezza in quelle parole, e Odetta sentì le lacrime salirle
agli occhi. Sbattè le palpebre finché la vista le tornò normale, e
si rese conto di essere nel viale alberato che conduceva a Palazzo, a
pochi metri dai grandi cancelli. Il nano e la donna si stavano già
allontanando, mentre il gigante si avvicinò e si chinò su di lei
“Avrai un gran mal di testa dopo” le disse con voce gentile “se
ti ricorderai di averla, bevi questa” aggiunse infilandole una
fialetta nella tasca del corsetto. Dopodichè si alzò, prese
delicatamente la principessa e gliela sistemò in grembo,
allontanandosi con un sorriso. Odetta rimase seduta, abbracciata alla
principessa, e mentre guardava le tre figure scomparire nella notte
sentiva le lacrime scorrerle sul viso, senza capire il perché.
Il
vicolo si stava facendo scuro. Non era sicuro se fosse per l’ora
tarda o per il sangue che stava perdendo. Era appoggiato con la
schiena al muro e ansimava, l’orecchio teso nel timore di udire i
passi pesanti di soldati in armatura. Il Falco si guardò intorno. Il
vicolo si era trasformato in un mattatoio. C’era sangue ovunque, e
i corpi degli uomini della pattuglia giacevano scomposti intorno a
lui. Quattro corpi. Il capitano era riuscito a scappare. Si concentrò
sui rumori della sera, ma il rantolo del suo respiro lo distraeva.
Provò a trattenere il fiato, quel tanto per capire se lo stessero
già venendo a prendere o se ancora il capitano non avesse trovato
aiuto. Il sangue rappreso in gola gli provocò un colpo di tosse, e
allo spasmo seguì una fitta di dolore al fianco. Strinse i denti e
abbassò lo sguardo. L’asta spezzata di un dardo gli usciva dallo
stomaco, e non era l’unica. Una pozza scarlatta si allargava sotto
di lui, e la mano sinistra, grigia e fredda, giaceva contraendosi di
fianco a quello che rimaneva della testa di una delle guardie. Provò
a riprendere il controllo del braccio, e riuscì a fermare gli
spasmi. Ancora nessun rumore di passi. Doveva muoversi. Si guardò
intorno, alla ricerca qualcosa a cui aggrapparsi per tirarsi in
piedi. Vide le due pistole, gettate in mezzo al vicolo, la spada
lunga che sporgeva dal petto di un’altra delle guardie, e la daga
di fianco al suo braccio destro. Respirare stava diventando faticoso,
ogni rantolo più corto del precedente. Non sarebbe riuscito ad
alzarsi. Chiuse gli occhi. Poteva ancora tentare una cosa. Doveva
farsi leggero, abbandonare quel corpo ferito e pesante e andare via,
veloce e sfuggevole come un refolo. Poteva farcela. Calmò il respiro
e si concentrò sull’aria intorno a lui. Doveva diventare tutt’uno
col vento, scivolare via. Si ripeté che poteva farcela. Qualcuno gli
agguantò il braccio. “Guarda guarda” disse una voce catarrosa,
riportandolo al vicolo “stai già morendo?” Il Falco riaprì gli
occhi e si trovo faccia a faccia con il volto rugoso di una vecchia
sdentata che lo fissava divertita “Puroppo per te Malasorte ti ha
trovato, giovanotto” gracchiò “e non ti lascerà andare finché
non avrai pagato per quello che avete fatto al Lurido”.
Il
capitano Kipple correva a perdifiato verso il posto di guardia del
Quartiere Vecchio. Non si era fermato un attimo, non si era voltato
nemmeno quando aveva sentito la recluta urlare il suo nome. Doveva
trovare aiuto, qualcuno che fermasse quell’uomo. Svoltò verso Vico
Torto, e andò a sbattere contro qualcosa. “È questo” sentì
sussurrare una voce di donna. Prima di capire che cosa stesse
succedendo, venne agguantato per il collo e sbattuto contro il muro.
L’urto gli tolse il respiro. Un badhi alto almeno due metri lo
teneva sollevato da terra, gli occhi piccoli e rossi d’ira si
avvicinarono ai suoi mentre l’uomo del nord ringhiava “Dov’è
lui?”
"- Guarda l'ombra di quell'albero, Odetta! E' a forma di cuore! Non è adorabile?
- In effetti il tronco e i rami sembrano una gigantesca aorta con tutte le arterie e le venuzze...
- Mpf. Manchi di romanticismo, Odetta. Se continui così nessun uomo ti si filerà mai. Devi sforzarti di vedere il mondo più rosa!
- Ci sto lavorando, milady. Per ora lo vedo marrone."
Se volete leggere la puntata precedente usate QUESTO
Povera Odetta quante ne ha passate ^_^
RispondiEliminaMi piace molto come sta proseguendo questa narrazione, anche se ormai c'ho preso talmente gusto con i proseguo a scelte multiple (colpa di Micheleeeee) ke me li aspetto anche qua (sono andato su e giù nella pagina per cercarli poi mi sono reso conto, hahahah ogni volta è così :)). :P